Colazione sull'erba (Pozzi)


Questo è uno dei tanti quadri famosi di Claude Monet.
E' intitolato "Colazione sull'erba" ed è un quadro di metà dell'Ottocento.
La scena raffigurata nel quadro è ambientata in un bosco dove alcune persone fanno colazione sul prato, seduti per terra di fianco ad una tovaglia bianca con sopra alcuni alimenti e anche alcune bibite o oggetti utili per la colazione.
Sopra alla tovaglia è seduta una signora con i capelli castani.
Ha una faccia di dimensioni normali, di un colore pallido, degli occhi di colore scuro e due piccole orecchie; lo sguardo, rispetto al corpo, è girato a un quarto verso sinistra e sembra che guardi verso l'osservatore.
Ella indossa un vestito bianco, con pallini marroni e sembra che sia lungo almeno fino ai piedi.
Di fronte a quest'ultima c'è un bel signore, sempre seduto, che ha i capelli ricci, che arrivano fino al collo, la barba di media lunghezza, e i baffi, invece sono di un colore più chiaro.
Anche quest'uomo ha le sopracciglia alzate e gli occhi socchiusi.
Dal collo si vede spuntare il colletto dalla camicia bianca che indossa.
Nella mano sinistra tiene un ombrello di un colore tra il marrone e l'arancione.
Alla destra di quest'ultimo ci sono altre due persone: un uomo e una donna. La donna ha un ricco abito ottocentesco stretto in vita, capelli marroni chiari e sembra che si stia facendo la coda.
In testa ha un cerchietto di colore celeste con due fiocchi. Ha la carnagione chiara.
Alla sua sinistra la accompagna un signore vestito di beige con un cappello a bombetta

APPROFONDIMENTO 
Le déjeuner sur l'herbe [Colazione sull'erba]

Questo frammento, unitamente ad un secondo anche questo conservato al museo d'Orsay, rappresentano le uniche memorie della monumentale tela Colazione sull'erba di Monet. Cominciata nella primavera del 1865, l'opera misurava più di quattro metri per sei e doveva rappresentare un omaggio, ma anche una sfida, nei confronti di Manet il cui quadro, con il medesimo titolo, era stato oggetto di commenti sarcastici e di aspre critiche da parte del pubblico in occasione della sua esposizione al Salon des Refusés nel 1863. Il progetto fu tuttavia abbandonato nel 1866, poco prima dell'inaugurazione del Salon per il quale l'opera era destinata.
Nel 1920, il pittore racconta in prima persona cosa ne era stato del quadro: "Dovevo l'affitto al proprietario di casa e, non potendo fare altrimenti, gli ho dato in pegno la tela che costui ha tenuto avvolta in cantina. Quando finalmente sono riuscito a procurarmi la somma necessaria per riprenderla indietro, capirete bene che la tela aveva avuto tutto il tempo necessario per ammuffire". Monet recupera la tela nel 1884, la taglia e ne conserva solo tre frammenti il terzo dei quali è oggi scomparso.

Monet aveva iniziato eseguendo una serie di studi dal vero, di piccole dimensioni, per poi tracciare in bottega uno schizzo molto accurato (Mosca, museo Pouchkine). La differenza più sostanziale tra lo schizzo e la tela definitiva consiste nell'aver sostituito il giovane uomo imberbe, seduto sulla tovaglia, con un tipo robusto e barbuto che assomiglia in modo impressionante a Courbet. Quest'ultimo aveva fatto visita a Monet e Bazille nella bottega che i due artisti condividevano nel corso dell'inverno 1865-1866. A detta di Bazille, Courbet sarebbe "rimasto incantato" alla vista della Colazione. Questa testimonianza differisce da quella di Gustave Geffroy, secondo il quale i commenti di Courbet sarebbero stati la causa dell'abbandono della Colazione. Queste due versioni non sono incompatibili, nel senso che una non esclude l'altra. Un parere sfavorevole, infatti, avrebbe potuto essere formulato dopo uno positivo. Facile dunque intuire lo sconcerto provato da Manet, che nel maggio del 1865 si rivolgeva in questi termini a Bazille: "Penso soltanto al mio quadro al punto che, al solo pensiero di fallire, credo che impazzirei", nell'apprendere di una benché minima riserva da parte del maestro dell'avanguardia.

Criticato o no da Courbet, Monet doveva essere perfettamente conscio delle difficoltà incontrate nella trasposizione in scala monumentale dello schizzo. Il pittore accentua i contrasti di luce, "aumenta" i colori e preserva con maggiore fatica lo splendore, la spontaneità degli studi. Nell'aprile del 1866, rendendosi conto dell'impossibilità di portare a termine l'immensa pittura per il Salon, Monet annuncia ad Armand Gautier la sua decisione di "lasciare da parte per il momento tutte le grandi cose avviate che mi farebbero solo sprecare denaro e mi metterebbero in difficoltà".