Il caso Patter di Elena P.


Ore 9:10 e 20 secondi del mattino del 6 marzo 1940. C’è movimento, nella villetta numero 19 in via dei Gigli.
“Come sarebbe: “Non è una nostra responsabilità” e “non possiamo fare niente al riguardo”? Io ho pagato, anche lucrosamente, a mio parere, per un servizio che voi vi siete impegnati a svolgere con precisione; se non riuscite  a mantenere gli accordi, dovrò invitare per una chiacchieratina i miei legali, oggi pomeriggio”. Quando lo desiderava, Charles era veramente aggressivo, e sapeva incutere paura e disagio. Il poveretto dall’altro capo dell’apparecchio telefonico stava ascoltando quelle minacce da quasi un minuto, quanto basta per poter esasperare chiunque. “Signore, la prego, non esageri, non è il caso di informare i miei superiori, tantomeno gli avvocati. Un leggero ritardo causato da un ingorgo stradale non può sconvolgere la giornata di nessuno, comunque...” stava dicendo, ma Charles scoppiò a urlare: “ Voi vi impegnate a offrire un servizio per la comunità, e, se non siete in grado di mantenerlo, è mio dovere informare chi di dovere, con il rischio della chiusura della vostra struttura!”. In quel momento suonarono alla porta. Charles andò ad aprire, e si trovò davanti i due ometti della ditta delle pulizie, bassi, nelle divise della ditta azzurine di lino leggero, leggermente sporchi da polvere e macchie di prodotti per la pulizia. “Finalmente!” sbottò Charles “Era ora! Ma vi sembra arrivare con tale ritardo! E non tirate fuori la storia dell’ingorgo stradale, l’ho già sentita fin troppe volte. Forza, entrate. Vi accompagno allo studio; poi passerete alla biblioteca e alla sala da pranzo; dopodichè...” “ Si rilassi, signor Holmes. Conosciamo strada, orari, stanze e programmi. D’altronde, ci vediamo tutti i giorni, due volte al giorno” disse uno dei due uomini. “Evidentemente, però, non li conoscete abbastanza bene,” ribattè secco Charles “ presentarvi qui con dieci minuti di ritardo: inaudito!”. I due ometti si scusarono, e si congedarono da Charles, tra commentini e risolini su quel buffo personaggio. Questi, si accasciò su un’austera poltrona rivestita di una delicata tonalità di rosso con borchie nere, fece un sospiro, e bevve un sorso del suo tè; la sua giornata era solo all’inizio.

Passarono due ore, e alle 11:10 a.m. gli ometti salutarono il signor Holmes, presero la loro attrezzatura, e lasciarono l’austero edificio, percorrendo il viale costeggiato da siepi e rose, che, partendo dalla porta d’ingresso, creavano una gradazione tonale dal rosso vivo delle prime, al bianco candido. Mentre gli uomini della ditta di pulizie uscivano, entrava un uomo alto, robusto, in divisa da agente della polizia. Grado: commissario. Sulla targhetta identificativa portava scritto: “E.Roosan”.
Il commissario Roosan era di origine francese, e si poteva capire dal leggero accento parigino, dai gusti in fatto di cucina e dal guardaroba di quando era in borghese; era bruno, portava i capelli corti e i baffi, anch’essi molto corti, tanto che parevano disegnati. Era sempre affabile e di buonumore, ma questa volta aveva un’aria preoccupata ed era molto scostante. Solitamente si rivolgeva a Holmes per invitarlo ad alcune inaugurazioni importanti o a qualche evento per beneficenza come amico; altre volte, gli si rivolgeva per un aiuto nei casi più complessi e intriganti che venivano sottoposti agli agenti di polizia. Questa era una di quelle volte.
Salutò nel modo a lui più cordiale possibile, in quel momento, i due ometti, e si diresse a grandi passi verso la porta d’ingresso, suonò il campanello e bussò, per assicurarsi che Charles udisse. Pochi secondi dopo la porta si aprì, e comparve Charles Holmes, impeccabile, come sempre, nel suo completo crema, nonostante fosse in casa propria, a differenza di qualunque persona benestante inglese, che, in quelle circostanze, avrebbe aperto la porta presentandosi in un’impeccabile vestaglia da camera.
“Devo parlarti.” disse Roosan, una volta che fu faccia a faccia con Holmes. “Buongiorno, Etienne.” disse questi, e sul volto di Roosan si dipinse un sorrisetto, in merito ai modi di fare dell’amico, ma non potè fare in tempo a correggersi, ricambiando il saluto, che  Charles si voltò, si diresse verso il salotto, e per un po’ rimase lì, ma questo Roosan non poteva saperlo, perchè l’aveva solo visto allontanarsi. Rimase per un po’ lì, sulla soglia di uno dei più begli edifici di Londra, senza sapere che fare. Dall’interno della casa si sentiva un buon odore di tè e pasticcini, misto all’aria fresca avente sfumature di menta.
Dopo poco, tornò Charles, leggermente stizzito, e disse secco “ Vuoi entrare o marcire lì fuori?”. Allora Etienne entrò, si accomodò sul divano, prese la tazza di tè gentilmente offertagli da Holmes e disse: “ Come ho già detto, dobbiamo parlare.”.
“Lo spero bene visto che sei venuto fino qui, ma se inizi a parlare di eventi di beneficenza, conferenze o robaccia simile, puoi pure posare la tazza e dirigerti verso la porta, che intanto è sempre lì, e magari ricordarti di salutare decentemente, cosa che pensavo fosse ben conosciuta dai raffinati e cordiali francesi; ma non ti crucciare, è solo un di più, se sei di quella razza di somari che non conosce un minimo d’educazione.” ribattè Holmes. “Buongiorno.” disse così Etienne, leggermente offeso, ma tornò serio e riprese: “ Allora, se il caro e illustre signor Holmes mi permettesse di continuare, vorrei sottoporle un caso parecchio complicato e, come dire, particolare. Me lo permette?” aggiunse con una punta di divertimento il comissario.
“Parla, vorrei fare in tempo per il pranzo, però. Sai che mi piace essere puntuale, e io pranzo alle 12:30 precise.”.
“Ordunque, due giorni fa è stato sottoposto al commissariato un caso, il caso Patter. Credo che avrai sentito parlare dei Patter, una delle famiglie più facoltose di Londra, no? Non che metta in dubbio le tue conoscenze, sia chiaro, ma voglio che metta ben a fuoco le persone di cui stiamo parlando.” disse Roosan. “Intendi dire Thomas Patter, il ricco magnante della finanza, sposato con Margaret Patter, nata White, padre di Edward Patter, unico figlio e appassionato di botanica e giardinaggio, che ha organizzato l’ultima mostra di floricoltura importante qui a Londra e ha vinto il primo premio della più importante gara inglese di botanica il luglio scorso?”. Entrambi fecero un sorrisetto compiaciuto: era proprio vero che Holmes era sempre ben informato.
“Ebbene, il 2 marzo la signora Patter era uscita a prendere il tè con le amiche, e il signor Patter e figlio erano andati a fare delle commissioni, ed erano rientrati prima della signora, ma devono avere incontrato un certo ladro che era entrato per rubare, e, probabilmente, i due devono averlo sorpreso nel suo intento, e poi...”
“E poi?” chiese Holmes, anche se poteva ben immaginare ciò che era successo. “E poi non si sa che sia successo con precisione. L’appartamento è stato trovato a soqquadro, con tracce di sangue e contanti e gioielli di famiglia spariti. Come già detto, pensiamo che i signori abbiano sorpreso il ladro e questi si sia vendicato, ma non sappiamo come. Il nostro ladro non ha lasciato segni di scasso, nè tracce del suo passaggio, e i corpi... spariti! Senza lasciare traccia. Non sappiamo se i signori sono stati feriti e rapiti, uccisi, narcotizzati, storditi, o chissà cos’altro! Sembra un caso piuttosto elementare, ma noi della polizia ci stiamo arrovellando sempre più, e ci sembra più complicato del previsto. Se, comunque, da te non è giudicato tale, avrai qualcosa con cui ingannare il tempo, oltre a dare ordini ai dipendenti della ditta delle pulizie e discutere con la cuoca sul pranzo.” disse Etienne, e aspettò, speranzoso, una risposta.
“I Patter godevano del servizio di un maggiordomo, una cuoca, una cameriera e un giardiniere, giusto?” chiese Charles, dopo un attimo di silenzio. Roosan annuì. “Bene, allora non ci resta altro da fare che un sopralluogo sul luogo del delitto. Ti chiederei di lasciarmi sulla scrivania le cartelle di tutti i residenti e domestici di casa Patter, oltre all’indirizzo di questa. Ci vediamo lì alle 3:35 p.m., tenendo conto del possibile traffico, se non prima.” ribattè Charles. Questi si alzò, si diresse verso la cucina, e diede così il tempo e l’occasione a Roosan per lasciare le cartelle richieste nel suo studio.
Lo studio di Holmes era piuttosto ampio, con una grande finestra che si affacciava sulla campagna, adornata da un paio di tende di lino sottile, color rosso vivo, ricamate con motivi floreali di colore bordeux; le pareti erano coperte da enormi librerie colme di libri di ogni genere, dai trattati matematici e scientifici, ai grandi classici della letteratura. La scrivania di ciliegio lucida era proprio accanto alla finestra, ordinata in modo impeccabile; aveva numerosi cassetti, contenenti oggetti di cartoleria e da ufficio, documenti e fogli bianchi e buste per la corrispondenza. Sulla scrivania si trovava una fiammante e lucida macchina da scrivere, pronta all’uso, e illuminata, all’occorenza, dalla lampada che si trovava nell’angolo sinistro, della scrivania. Sulla scrivania si trovava anche una elegante tabacchiera d’argento, oltre a un piccolo assortimento dei sigari di Charles. La stanza era impregnata, non esageratamente, dell’odore del sigaro. Il pavimento era anch’esso di legno, coperto in parte da un bel tappeto persiano, ricevuto in dono da un amico. Lo studio era arredato con la scrivania, le librerie, due poltroncine, un tavolino coperto da una candida tovaglia ricamata e un paio di sedie in più in un angolo.
Roosan lasciò i documenti sulla scrivania, e si diresse a grandi passi verso la porta d’ingresso, dove poco dopo fu raggiunto da Holmes. I due si salutarono, si ricordarono dell’appuntamento, e si salutarono.

Alle 3:35 p.m., puntuale come un orologio svizzero, Holmes era davanti al cancello della residenza Patter, e ricevette alcune raccomandazioni da Etienne, prima di entrare, dal momento che all’interno della casa Margaret Patter doveva ultimare i preparativi per il suo trasferimento “Mi raccomando, cerca di essere più amichevole con lei di quanto lo sei stato con me; è ancora distrutta, anche dal momento che, appena appreso la notizia di quanto è successo, è stata male, rinchiusa in una camera di una amica per due giorni. Si dice che fosse molto legata, naturalmente, al signor Patter, ed è una creatura molto dolce; merita le tue attenzioni, almeno per non inimicartela, dal momento che devi girare per casa sua.”. “Non ho bisogno della lenzioncina, so come devo comportarmi!” sbottò Charles, e si diresse a grandi passi verso il portone d’ingresso. Suonò il campanello e sulla porta si presentò la magra figura del maggiordomo, “Desidera?” disse con voce tonante. “ Sono Charles Holmes, venuto insieme al commissario Etienne Roosan per...” “Prego, entrate.” disse il maggiordomo non appena udì il nome e vide la persona del commissario.
Holmes venne accompagnato da una graziosa signora di mezz’età magra, non molto alta, con i capelli bruni con piccole ciocche del colore dell’argento raccolti in uno chignon; indossava un abito blu scuro, che pareva quasi nero, le mani leggermente tremanti, gli occhi segnati. “La signora Patter, suppongo.” disse Holmes porgendole la mano in segno di saluto. “Supponete bene, signor...” “Holmes. Charles Holmes. Le mie condoglianze.” aggiunse, con tono pacato e rassicurante. “ Ve ne prego, siete qui per scoprire cosa è successo? Sono distrutta. Oh, Thomas...Edward...”. La signora ebbe un piccolo cedimento, ma Charles la tenne tra le sue braccia possenti e la fece accomodare su un divanetto lì vicino, poi andò a prendere un bicchiere d’acqua. “Signora, capisco che vi addolora parlarne, ma sono giunto qui con il commissario per scoprire cosa è successo, e ci sarebbe d’aiuto il vostro contributo.” disse Holmes, con un tono cordiale e rassicurante. “Certo, mi scusi, e grazie per l’acqua.” disse la signora Patter, con un lieve accenno a un sorriso. “ Il commissario conosce la strada, ogni porta è aperta a voi in questa casa.” continuò, poi si congedò dai due e andò a ultimare i preparativi per il trasferimento. Roosan ringraziò e fece strada a Holmes; il luogo in cui era avvenuto tutto era il salotto.
I mobili erano spostati e messi sottosopra, le ceramiche e la vetrinetta che le conteneva fracassate, così come gli specchi e i vetri dei quadri in cui erano incorniciate le fotografie, tutti i libri della libreria e dei fogli erano sparsi ovunque;i quadri e i soprammobili distrutti, oltre ad alcune macchie di sangue in alcuni punti. Dopo che Holmes ebbe analizzato da cima a fondo la stanza, passò ad interrogare i domestici, mentre Roosan interrogava la signora Patter. Riunì tutti nell’atrio e osservò da cima a fondo i 5 sospettati: il maggiordomo, un uomo sulla cinquantina, alto e magro, nella sua divisa composta da scarpe nere lucide, pantaloni grigi scuri, giacca nera, papillon, anch’esso nero, e camicia bianca inamidata; la cameriera, sulla trentina, bruna, con i capelli raccolti in uno chignon, abbastanza bassa e tonica, compagna fidata dei signori Patter, indossava un abitino nero come le scarpe con il tacco basso, il grembiulino bianco; la cuoca, anche lei sulla trentina, aveva i capelli raccolti e coperti da una cuffietta, da cui spuntava un ciuffetto biondo, magra, abbastanza alta, occhi azzurri; il giardiniere, un uomo sulla sessantina, robusto, la pelle abbronzata, vestito con comodi pantaloni, una camicia di lino bianca con le righine azzurre, stivali di gomma, un grembiule verde sporco di terra e un cappellaccio di paglia; infine, il figlio del giardiniere, tonico e robusto sulla ventina, abbronzato pure lui, vestito come il padre, tranne che per la camicia, che era invece azzurra, ma resa opaca dalla terra e dalla polvere.
“Bene, signori, vorrei sapere che stavate facendo alle ore 6:30 p.m. del 2 marzo. Iniziamo con lei, signor...” “Edgar Mc Intosh, signore” rispose il maggiordomo. “Dunque, che stavate facendo?” “ Ero andato a far compere al mercato sotto richiesta di Enriette” “Chi è Enriette?” “Sono io.” Si intromise la cuoca. “ Quindi, voi avevate chiesto a Edgar di fare compere per preparare la cena, mentre voi che facevate?” “Riassetavo la cucina, tengo ad avere la mia postazione di lavoro in ordine”. “Bene, bene... E la signorina che ho qui davanti,  Low, giusto?” disse rivolto alla cameriera. “Giusto. Io stavo lucidando l’argenteria di famiglia.”. “E ora il signor Elton e figlio. Voi che stavate facendo?” “Ero a giocare a cricket con gli amici del pub. In via Setter, hanno costruito un campo apposta di recente.”. Holmes annuì in silenzio, quindi disse: “ E ora lei, signor Elton jr. Che stavate facendo?” “ Ero a comprare un panino per cenare, dal momento che poi andavo a ritirare il nuovo concime per il giardino dei Patter, solo che ho trovato traffico verso la strada che porta a Lambeth, per cui sono arrivato a Lambeth solo alle 7.30 p.m. Lì vendono il miglior terriccio nei dintorni di Londra.”. Il giardiniere fece un sorrisetto compiaciuto; evidentemente il figlio era suo allievo sull’apprendere l’arte del giardinaggio. “Bene signori, siete congedati. Potete dirigervi verso le vostre dimore, i vostri servigi non sono più richiesti.” disse Holmes, e i domestici se ne andarono. Holmes iniziò a girovagare per la casa; prima andò in cucina, dove trovò tutto in ordine, ma con un leggerissimo strato di polvere su tutto. Questo voleva dire che la cuoca aveva davvero messo in ordine tutto il pomeriggio, tranne alle 18:00, quando era concessa a tutto il personale un’ora di svago. Lo stesso per la cameriera, si vedeva che l’argenteria era stata lucidata di recente, ma si era interrotta per la pausa. Poi salutò la signora Patter, fece cenno ad Etienne di seguirlo, e uscì dalla casa. Prima di tutto andò al mercato, dove aveva un amico che conosceva tutto quello che accadeva al suo banco e quello degli altri, grazie a un’intricata rete di amicizie. Confermò che il maggiordomo era venuto e aveva fatto i suoi acquisti regolarmente. Allora i due andarono al pub, dove assicurarono che il signor Elton aveva degli amici, e con quegli amici avevano parlato del cricket. Quindi andarono al campo da cricket, dove si rammentarono di sei amici dilettanti, e piuttosto penosi come giocatori, tra cui uno di nome Elton, corpulento e barbuto. “Bene, bene.” disse Holmes uscito dal campo da gioco. “Ora andiamo da tutti i negozi che vendono panini da asporto. Girarono mezza Londra, prima di trovare il negozio dove James Elton aveva comprato il panino, e mostrarono anche la copia della ricevuta al commissario e a Holmes. Poi presero la macchina e andarono in fretta e furia a Lamberth, dove confermarono il regolare acquisto di terriccio da parte dei giardinieri.
Una volta tornati a Londra, i due si lasciarono davanti alla porta della casa di Holmes. Prima di separarsi, però, Etienne chiese all’amico: “Spero che tu abbia avuto una buona ragione per trascinarmi in tutta Londra e a Lambeth, mon ami.” “ Certo, Etienne. Confido che dovremmo risolvere questo caso abbastanza in fretta, soprattutto con l’aiuto di un certo conoscente... Ci vedamo dopodomani, intanto io continuerò le indagini in proprio.”.
                  
Il giorno dopo, Charles si alzò di buon ora e si diresse verso un edificio nella periferia della città. Era dipinto di un rosa pallido, con numerose finestre e balconcini, circondato da un parco ricco di piante e fiori. Sulla facciata del palazzo spiccava un’ insegna in legno chiaro, con inciso e dipinto il nome Casa di riposo – Londra .
Egli salutò la ragazza alla reception e si diresse nella stanza da lei indicatagli dopo aver udito la sua richiesta. Charles entrò nella stanza numero 172 e disse: “Buongiorno, zio”. Su una sedia, che gli dava le spalle, voltato verso il sole, era seduto un novantenne che tutti conoscevano: Sherlock Holmes. Un po’ arrugginito,  camminava a fatica, ma era rimasto il burbero, impaziente e brillante Holmes che tutti conoscevano. Arrivato a quella veneranda età, talvolta si scordava della cose e prendeva varie medicine, ma si ricordava molto bene del pronipote, che gli veniva a fare visita ben più spesso degli altri parenti, e che gli assomigliava sempre di più.
“Charles?” chiese. “Sì” rispose questi. “Vieni a spostare ‘sta sedia qui. Si sono messi in testa che debba prendere il sole, ma così non vedo un fico secco. Se almeno mi dessero una sedia a rotelle...” disse Sherlock con voce chiara e scocciata. “... Scorazzeresti per mezza Londra, ma devi stare qui.” disse Charles, mentre spostava la sedia imbottita che ospitava la magra figura di Sherlock. “Bene, che si fa adesso?” disse Sherlock con un po’ di impazienza. “Prendiamo il tè e facciamo quattro chiacchiere” rispose Charles, guardando con uno scintillio negli occhi il più grande investigatore di tutti i tempi, che capì al volo e guardò a sua volta Charles con lo stesso scintillio. Presero tè e pasticcini, e arrivato il momento in cui Charles espose il caso al prozio e chiese un parere, cadde un silenzio profondo. Sherlock chiuse gli occhi e rimase così finchè non lo vennero a chiamare per una passeggiata nel parco. Sherlock così si alzò, prese bastone e cappotto e invitò Charles a seguirlo. “ Ti accompagno al cancello” disse. Molti potrebbero aver pensato che Holmes senior si fosse dimenticato della domanda, ma Charles sapeva che i complicati ingranaggi del suo cervello erano continuamente attivi, e stavano cercando una soluzone.
Arrivati davanti al cancello, si diedero una stretta di mano e come ultima cosa Sherlock disse: “Prima che me ne dimentichi, la soluzione credo che stia nei sacchi.” Vedendo però il nipote leggermente spaesato aggiunse: “Terriccio.” Charles annuì, e se ne andò con un gran sorriso in faccia; il vecchio Sherlock Holmes non sbagliava mai un colpo.

Alle 9:30 a.m. suonarono alla porta dell’appartamentino in cui abitava James Elton; era una casetta vecchia, ed aveva visto anni migliori. Le persiane in legno, un tempo verniciate di verde, ormai avevano perso la vernice e non riuscivano a chiudersi tanto bene; la facciata aveva perso alcuni pezzi di intonaco, e la pittura, un tempo giallina, era rovinata e sbiadita sotto i raggi del sole e dagli agenti atmosferici.
“Sì?” disse James aprendo la porta “ Oh, signor Holmes, prego entrate. Posso offrirvi del tè?”. “No, grazie. Ero da queste parti e ho pensato di farvi un saluto. E, se posso, approffittare dei vostri servizi.” disse Holmes “Mi scusi, posso chiederle che fine hanno fatto i sacchi di terriccio destinati al giardino dei Patter?” “Be’,” disse James “mi sono trovato costretto a doverli tenere in casa a mie spese; quel terriccio ha un odore.” aggiunse James con aria leggermente disgustata. “ E dove li tenete, se posso chiedere?” insistette Holmes. “Certo che può chiedere. Li tengo...Uh, il tè! Ma voi non dovevate usare il bagno? Come sono sbadato! In fondo al corridoio a destra. Mi scusi, ma mi si brucia il tè.” E corse via. “Perfetto.” pensò Holmes “Ora ho campo libero.” E si diresse verso il corridoio. Prima che il padrone di casa se ne potesse accorgere, Charles sgattaiolò nella cantina e trovò i sacchi di terriccio. C’era proprio un gran fetore, lì sotto, ma non era solo odore di terra, era come... carne putrescente.
Aprì uno dei sacchi da cui veniva l’odore e... Si ripetè quel suo luccichio negli occhi, e si diresse di corsa verso il bagno, appena in tempo, perchè dopo poco James tornò dalla cucina con il suo tè.
      
Il giorno dopo Holmes convocò i domestici di casa Patter, la signora Patter, il commissario e un paio d’agenti della polizia in casa sua. Fece accomodare i suoi ospiti in salotto, offrì loro una tazza di tè e pasticcini, e si sedettero sui divani e poltrone del soggiorno. “Per cosa ci avete chiamati, signor Holmes?” chiese la vedova Patter. “Ho preso una cosa dal mio prozio,” disse Holmes con un tono leggermente enigmatico “il voler risolvere le mie...questioni, in un salottino ben appartato, con tutte le persone coinvolte.” “ Se nessuno ha niente in contrario, vorrei  andare avanti a svelare questo groviglio di fatti e persone. Iniziamo facendo una bella “carta d’identità” di una persona a caso... Elton James. Aspirante botanico, deciso a seguire le orme del padre, anche se costretto ad aiutarlo nel lavoro per pochi soldi; ma il colpo finale è quando va lavorare dai Patter, e scopre che il padre spesso fa lezioni di giardinaggio e orticoltura ad Edward che considera il suo pupillo.
La cosa dura più di quanto James pensi, e il ragazzo comincia a irritarsi, fino a spingersi a pensare di commettere un... Etienne, porta un bicchiere d’acqua alla signora White” si fermò ad un tratto Charles, vedendo la signora già visibilmente agitata, e sapendo che quello che avrebbe seguito l’avrebbe turbata ulteriormente. Una volta che la brocca colma d’acqua fu davanti alla signora, ed ella ne ebbe bevuto avidamente un bicchiere, proseguì: “Un omicidio.” James ebbe un sussulto, e la signora pure, ma ben più evidente. Charles sorrise. “Ecco un altro spettacolo ricorrente quando il mio prozio risolveva uno di questi grovigli.” “Dunque, il piano era così: lui andava al bar, comprava il panino, faceva fare la ricevuta, andava a compiere l’omicidio del giovane Patter, rubava i gioielli per inscenare una rapina, andava a Lambeth, prendeva il terriccio, in cui in uno dei sacchi metteva il corpo e in un altro i gioielli; poi li teneva nascosti nella cantina della sua casupola e successivamente si sarebbe sbarazzato del corpo. Solamente che le cose non sono andate esattamente come previsto, dal momento che c’era anche Thomas Patter che aveva assistito alla scena, per cui la cosa si faceva più ‘ingombrante’.”
Qualcuno suonò alla porta ed entrarono due uomini con tre sacchi di terriccio. Charles aprì uno di questi e ne tirò fuori una scatoletta di legno che aprì, che costudiva i gioielli rubati. “Degli altri non c’è bisogno che vi mostri il contenuto. Adesso portate via questo ammasso di puzza e polvere fuori di qui!” sbraitò agli uomini, aprendo la finestra e correndo a lavarsi le mani. “Incorregibile!” pensò Etienne, ridendo.
“Bene,” disse Charles rientrando e schivando il terriccio sparso a terra “eravamo rimasti che portavate via questo gentile signore, no?” disse rivolgendosi ai poliziotti.
“Solo una cosa!” disse James arrabbiato “Come diavolo l’avete capito?”
“Grazie all’amicizia con un poliziotto di turno sulla strada di Lambeth che ha assicurato che non c’era traffico, la sera del delitto, e grazie a un piccolo aiutino di un certo conoscente. Diciamo il più grande investigatore di tutti i tempi”. James fu portato via e tutti i presenti si complimentarono con Charles.
Venti minuti dopo egli era di nuovo a litigare con gli ometti della ditta delle pulizie.